Come avvicinare giovani e donne al mondo dell’autotrasporto
Già prima della pandemia, nel 2019 alcuni studi lanciarono l’allarme che il settore dell’autotrasporto era attraversato da un progressivo invecchiamento senza ricambio. Infatti di dati del Ministero dei Trasporti di quell’anno evidenziarono che il 60,4% dei titolari di patente C avevano superato i 50 anni e che solo il 14,4% era al di sotto dei 40 anni. Si rivelò anche che il 45,8% dei titolari di patente CQC aveva superato la soglia dei 50 anni, mentre solo il 18,2% era al di sotto dei 40.
A due anni di distanza, quelle cifre e quelle percentuali sono diventate ancora più preoccupanti: dal confronto tra febbraio 2021 e febbraio 2019 salta agli occhi che le patenti C sono il 10% in meno. Analogo è l’andamento delle CQC dove si registra un calo complessivo di 70mila unità e il fatto che gli ultracinquantenni sono ormai più della metà (il 50,8%), mentre i titolari al di sotto dei 40 anni sono scesi al 14,7%. Per ogni “under” entrato nel mestiere ci sono due “over” che stanno per uscirne: un rapporto insufficiente a garantire il ricambio sul lungo periodo.
Sul consistente calo delle patenti C nel biennio 2019-2021 ha influito senza dubbio anche la pandemia, sia per l’aumento dei decessi sia per i rinvii subiti dagli esami.
Questo fenomeno di non ricambio generazionale del mondo dell’autotrasporto trova due cause significative nella remunerazione e nella qualità della vita, anche se in realtà gli stipendi non sono poi tanto bassi (si possono anche superare i 3mila euro al mese) e le condizioni di vita, aldilà di casi specifici di sfruttamento, non sono proibitive e sono in miglioramento, grazie alla pressione ed ai finanziamenti dell’Unione Europea per creare aree di sosta attrezzate e di servizio adeguate.
In realtà le vere cause di una scarsa attrattiva dell’autotrasporto sono queste due:
1. Il camionista ultimamente è accompagnato da un’immagine deformata. Il trattamento riservato ai camionisti durante la pandemia, in cui sono stati definiti come degli eroi, da committenti, fornitori, ristoratori è stato poco rispettoso. Infatti è capitato spesso che sono stati visti come degli “untori” e sono stati costretti a restare chiusi nella loro cabina per evitare contatti, precludendo loro perfino ristoranti e servizi. E questo è un messaggio che scoraggia chi volesse avvicinarsi al lavoro di conducente.
2. Il secondo problema sono i costi di accesso alla guida: per la patente C e la CQC insieme occorrono 4-5mila euro. Un giovane disoccupato che si trova davanti a queste cifre deve sentirsi come un migrante che deve pagare lo scafista, nella speranza di trovare una terra migliore. Inoltre, una volta ottenuti i documenti, prima di prendere dimestichezza con un camion dovrà trovare un lavoro; ed anche se l’offerta esiste, è molto forte per i trasporti specializzati, che spesso richiedono la patente CE, il patentino ADR e così via, che richiedono altri corsi e soldi. Quindi quale giovane in cerca di lavoro può permettersi una simile spesa?
Cambiare l’immagine e ridurre i costi di accesso sembrano le due direttrici da percorrere per far invertire rotta al fenomeno della fuga dai camion.
E questo è necessario anche per sensibilizzare le donne al mondo dell’autotrasporto; infatti le ragioni per cui il genere femminile è poco attratto dal camion sono praticamente le stesse dei maschi: difficile condizioni di lavoro e di sicurezza (80%), costi elevati delle licenze di guida (67%), requisisti normativi (65%), immagine scarsa della professione di autista (63%).
Oltre ai giovani ed alle donne, un altro target a cui rivolgersi sono gli stranieri, che, con l’aumento del benessere, tendono a rientrare nei Paesi di origine.
Qualunque sia il target, giovani, donne, stranieri, il perno dell’operazione è nella formazione completa, a partire dal pagamento-totale o parziale-dei costi per ottenere i documenti di guida.
Le imprese tendono ultimamente ad organizzarsi con Academy al loro interno che portano la formazione direttamente in azienda, dove il neo-assunto è affiancato da un autista esperto. Nelle imprese più avanzate e lungimiranti, si organizzano corsi in aula con materiale digitalizzato, per affrontare la teoria di una guida sicura ed ecologica alla quale si fanno seguire corsi pratici con affiancamento di formatori. L’inserimento nell’operatività di ogni giorno è assistito da un vero e proprio tutor che affianca virtualmente l’autista nei servizi di trasporto. A bordo, gli autisti sono in stretto collegamento con l’azienda attraverso il computer di bordo. Sullo stesso strumento vengono veicolati, a supporto, video tutorial e manuali aziendali, perché il mestiere dell’autista oggi richiede competenze molto articolate e grandi responsabilità a tutela del proprio operato e dell’azienda in cui opera.
Tra le iniziative più interessanti c’è anche una serie di esperimenti delle associazioni di categoria per avviare la formazione negli istituti tecnici (quindi al di sotto dei 18 anni), quasi creando una continuità con i corsi per la patente, e coinvolgendo le aziende in progetti di alternanza scuola-lavoro.
I governi, in virtù della Direttiva CE 2018/645, dovrebbero promuovere corsi di studio presso le scuole professionali per il conseguimento dell’abilitazione professionale con degli stage presso le aziende di autotrasporto. Gli odierni automezzi Euro VI d sono altamente tecnologici ed il comfort alla guida è spinto a livelli impensabili rispetto al passato, tanto che i ragazzi sarebbero affascinati da tanta tecnologia.
Per l’Italia sarebbe opportuno che i Ministeri dell’Istruzione e dei Trasporti trovassero soluzioni in parte finanziate dallo Stato ed in parte dalle aziende (progetti scuola-lavoro), per la formazione dei futuri autisti: si tratta di un mestiere che richiede professionalità ed esperienza poiché numerose sono le specializzazioni richieste. Poi è necessario affrontare con pragmatismo l’inserimento nel mondo del lavoro, che dovrebbe essere una sorta di prolungamento ed estensione di quella formazione che l’ha portato al conseguimento delle patenti.
Il futuro sarà anche quello della guida autonoma e dei droni, ma l’autista servirà ancora a lungo: nel mondo che cambia l’e-commerce farà crescere ancora di più la domanda di autisti, per guidare in città camion di media portata (patente C e CQC) carichi di pacchi e pacchettini, compito che, da soli, né droni né camion automi possono assolvere.
A due anni di distanza, quelle cifre e quelle percentuali sono diventate ancora più preoccupanti: dal confronto tra febbraio 2021 e febbraio 2019 salta agli occhi che le patenti C sono il 10% in meno. Analogo è l’andamento delle CQC dove si registra un calo complessivo di 70mila unità e il fatto che gli ultracinquantenni sono ormai più della metà (il 50,8%), mentre i titolari al di sotto dei 40 anni sono scesi al 14,7%. Per ogni “under” entrato nel mestiere ci sono due “over” che stanno per uscirne: un rapporto insufficiente a garantire il ricambio sul lungo periodo.
Sul consistente calo delle patenti C nel biennio 2019-2021 ha influito senza dubbio anche la pandemia, sia per l’aumento dei decessi sia per i rinvii subiti dagli esami.
Questo fenomeno di non ricambio generazionale del mondo dell’autotrasporto trova due cause significative nella remunerazione e nella qualità della vita, anche se in realtà gli stipendi non sono poi tanto bassi (si possono anche superare i 3mila euro al mese) e le condizioni di vita, aldilà di casi specifici di sfruttamento, non sono proibitive e sono in miglioramento, grazie alla pressione ed ai finanziamenti dell’Unione Europea per creare aree di sosta attrezzate e di servizio adeguate.
In realtà le vere cause di una scarsa attrattiva dell’autotrasporto sono queste due:
1. Il camionista ultimamente è accompagnato da un’immagine deformata. Il trattamento riservato ai camionisti durante la pandemia, in cui sono stati definiti come degli eroi, da committenti, fornitori, ristoratori è stato poco rispettoso. Infatti è capitato spesso che sono stati visti come degli “untori” e sono stati costretti a restare chiusi nella loro cabina per evitare contatti, precludendo loro perfino ristoranti e servizi. E questo è un messaggio che scoraggia chi volesse avvicinarsi al lavoro di conducente.
2. Il secondo problema sono i costi di accesso alla guida: per la patente C e la CQC insieme occorrono 4-5mila euro. Un giovane disoccupato che si trova davanti a queste cifre deve sentirsi come un migrante che deve pagare lo scafista, nella speranza di trovare una terra migliore. Inoltre, una volta ottenuti i documenti, prima di prendere dimestichezza con un camion dovrà trovare un lavoro; ed anche se l’offerta esiste, è molto forte per i trasporti specializzati, che spesso richiedono la patente CE, il patentino ADR e così via, che richiedono altri corsi e soldi. Quindi quale giovane in cerca di lavoro può permettersi una simile spesa?
Cambiare l’immagine e ridurre i costi di accesso sembrano le due direttrici da percorrere per far invertire rotta al fenomeno della fuga dai camion.
E questo è necessario anche per sensibilizzare le donne al mondo dell’autotrasporto; infatti le ragioni per cui il genere femminile è poco attratto dal camion sono praticamente le stesse dei maschi: difficile condizioni di lavoro e di sicurezza (80%), costi elevati delle licenze di guida (67%), requisisti normativi (65%), immagine scarsa della professione di autista (63%).
Oltre ai giovani ed alle donne, un altro target a cui rivolgersi sono gli stranieri, che, con l’aumento del benessere, tendono a rientrare nei Paesi di origine.
Qualunque sia il target, giovani, donne, stranieri, il perno dell’operazione è nella formazione completa, a partire dal pagamento-totale o parziale-dei costi per ottenere i documenti di guida.
Le imprese tendono ultimamente ad organizzarsi con Academy al loro interno che portano la formazione direttamente in azienda, dove il neo-assunto è affiancato da un autista esperto. Nelle imprese più avanzate e lungimiranti, si organizzano corsi in aula con materiale digitalizzato, per affrontare la teoria di una guida sicura ed ecologica alla quale si fanno seguire corsi pratici con affiancamento di formatori. L’inserimento nell’operatività di ogni giorno è assistito da un vero e proprio tutor che affianca virtualmente l’autista nei servizi di trasporto. A bordo, gli autisti sono in stretto collegamento con l’azienda attraverso il computer di bordo. Sullo stesso strumento vengono veicolati, a supporto, video tutorial e manuali aziendali, perché il mestiere dell’autista oggi richiede competenze molto articolate e grandi responsabilità a tutela del proprio operato e dell’azienda in cui opera.
Tra le iniziative più interessanti c’è anche una serie di esperimenti delle associazioni di categoria per avviare la formazione negli istituti tecnici (quindi al di sotto dei 18 anni), quasi creando una continuità con i corsi per la patente, e coinvolgendo le aziende in progetti di alternanza scuola-lavoro.
I governi, in virtù della Direttiva CE 2018/645, dovrebbero promuovere corsi di studio presso le scuole professionali per il conseguimento dell’abilitazione professionale con degli stage presso le aziende di autotrasporto. Gli odierni automezzi Euro VI d sono altamente tecnologici ed il comfort alla guida è spinto a livelli impensabili rispetto al passato, tanto che i ragazzi sarebbero affascinati da tanta tecnologia.
Per l’Italia sarebbe opportuno che i Ministeri dell’Istruzione e dei Trasporti trovassero soluzioni in parte finanziate dallo Stato ed in parte dalle aziende (progetti scuola-lavoro), per la formazione dei futuri autisti: si tratta di un mestiere che richiede professionalità ed esperienza poiché numerose sono le specializzazioni richieste. Poi è necessario affrontare con pragmatismo l’inserimento nel mondo del lavoro, che dovrebbe essere una sorta di prolungamento ed estensione di quella formazione che l’ha portato al conseguimento delle patenti.
Il futuro sarà anche quello della guida autonoma e dei droni, ma l’autista servirà ancora a lungo: nel mondo che cambia l’e-commerce farà crescere ancora di più la domanda di autisti, per guidare in città camion di media portata (patente C e CQC) carichi di pacchi e pacchettini, compito che, da soli, né droni né camion automi possono assolvere.