Gli effetti del lavoro notturno
Ho iniziato un lavoro notturno da circa sei mesi, guido sempre il camion, ma sono passato a rifornire i mercati ortofrutticoli. Questo ha stravolto i miei orari e ha fatto retrocedere l’inizio della mia giornata lavorativa a notte fonda. Mi piace, perché incontro meno traffico, ma ho difficoltà a riposarmi. Ciò che più m infastidisce, però, è vedermi ingrassare: in sei mesi ho messo su altrettanti chili. C’è un nesso tra il cambio di orari e il peso che aumenta?
“Le alterazioni del ciclo sonno-sveglia incidono su memoria, concentrazione, tempi di reazione, prestazioni lavorative e non solo.
Si alterano i centri nervosi della fame con un aumento del consumo di cibi e bevande in ore in cui normalmente stomaco e intestino dovrebbero essere a riposo, si scombussolano le secrezioni di ormoni e neurotrasmettitori, si sconvolgono i cicli mestruali e ovulatori”
Negli ultimi decenni il turno notturno è diventato imprescindibile nell’organizzazione del lavoro e si è esteso a quasi tutti i settori lavorativi, nel nome della cosiddetta “flessibilità”.
Secondo gli ultimi dati epidemiologici almeno un lavoratore su tre oggi non svolge più il classico orario lavorativo di 8—9 ore, quello per intenderci che va dalle 8-9 del mattino alle 16-17 del pomeriggio e più del 25% fa una rotazione su turni che comprendono anche le notti.
Negli anni è emerso che il lavoro a turni ha un impatto negativo sull’organismo, tanto da aver definito una vera e propria “sindrome del lavoratore turnista” entrata a pieno diritto nella classificazione delle malattie del lavoro e che appartiene al grande gruppo dei disordini del ritmo sonno-sveglia. Colpisce non meno del 10-15% di coloro che sono costretti a lavorare a orari variabili durante la settimana ed è caratterizzata da malessere generale, irrequietezza e disturbi dell’umore, insonnia e disturbi a carico dell’apparato gastrointestinale, del metabolismo e anche della sfera sessuale.
Senza dimenticare le difficoltà di adattamento alla turnazione e alla irregolarità dei ritmi di lavoro che incidono sulla gestione familiare e sulla vita sociale e sono causa ulteriore di stress lavoro correlato sotto accusa, in primo luogo, il lavoro nelle ore notturne. Le alterazioni del ciclo sonno-sveglia incidono su memoria, concentrazione, tempi di reazione, prestazioni lavorative e non solo.
Si alterano i centri nervosi della fame con un aumento del consumo di cibi e bevande in ore in cui normalmente stomaco e intestino dovrebbero essere a riposo, si scombussolano le secrezioni di ormoni e neurotrasmettitori, si sconvolgono i cicli mestruali e ovulatori. Praticamente tutti gli organi e gli apparati diventano bersaglio dello stravolgimento del ritmo circadiano e molte delle conseguenze dipendono dalle capacità soggettive di fronteggiare questo profondo turbamento biologico. Come ha scritto un ricercatore qualche anno fa: “il crono-caos è come vivere in una casa in cui c’è un orologio in ogni ambiente che riporta orari diversi”. Nel lungo periodo inoltre gli effetti del lavoro notturno sull’organismo sono particolarmente intensi e negativi. Oltre ai cronici disturbi del sonno, si registra un maggior rischio di malattie cardiovascolari e oncologiche (in primo luogo cancro ai polmoni) che aumenta in modo proporzionale al numero di anni spesi adottando ritmi sfasati e che si traduce in un aumento complessivo della mortalità dell’11%. Lo dice uno studio condotto da un team internazionale pubblicato nel 2015, il più grande finora mai realizzato quanto a numero di soggetti analizzati – circa 75mila infermiere – e al periodo di tempo considerato – 22 anni (dal 1988 al 2010). Non a caso da tempo l’International Agency for Research on Cancer ha inserito il lavoro notturno nel gruppo “dei cancerogeni probabili per l’uomo”.
Anche il cervello risente pesantemente del lavoro notturno come riportato da uno studio franco-britannico che ha evidenziato come dieci o più anni da turnisti portino a una accelerazione del declino cognitivo. In genere il ritorno a normali orari di lavoro e di sonno nella maggior parte dei casi fa regredire se non altro i disturbi della veglia e quelli viscero-vegetativi. Per tutti questi motivi circa il 20% dei lavoratori turnisti cambia lavoro. Ma quando cambiare lavoro non è una strada perseguibile, è fondamentale che vengano adottate misure e strategie volte a minimizzare i danni sulla salute psico-fisica. Ci sono linee guida redatte dalle Società Scientifiche della Medicina del Sonno e della Medicina del Lavoro per pianificare più possibile e correttamente l’organizzazione e il sistema di rotazione dei turni.
E’ importante anche svolgere sempre un’azione individuale di prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari e neoplastiche che prevede le regole auree, quali non fumare, fare una vita attiva e mantenersi normopeso.
Buon viaggio!
Fonte: Uomini e Trasporti – marzo 2020