La sicurezza non è una opinione
“Siamo alle solite: nelle agende aziendali c’è sempre qualche argomento più urgente della sicurezza. In sostanza viene delegato alle case auto il compito di garantire l’incolumità dei driver, grazie a veicoli sempre più sicuri e in grado di correggere gli errori del guidatore”.
Sono quei momenti in cui ‘ti passa la vita davanti’, se sei fortunato. Perché a volte tutto avviene così rapidamente che non fa neppure in tempo. Un'auto o un camion senza controllo ti si avventa contro, oppure senti una botta al retrotreno e scivoli via in testa coda, senza sapere cosa fare, e ti resterà per sempre nelle orecchie quel rumore terrificante delle lamiere che si accartocciano.
La seconda survey del ciclo 'lo Fleet Manager, la penso così, a cura di GR ADVISORY, società leader nelle ricerche sulla mobilità aziendale, vuole rispondere a questo interrogativo: come le aziende preparano i loro assegnatari auto a evitare (se possibile) situazioni come questa o ad affrontarle? Effettuata nel periodo 27 maggio 7 giugno 2021 la survey, composta da ventinove domande, ha raccolto le risposte complete di poco più di 400 Fleet Manager La survey è patrocinata da AIAGA, l'associazione italiana dei gestori di flotte aziendali, e da Man.Tra, l'associazione sulla manutenzione dei trasporti, ed è stata resa possibile grazie al fattivo contributo di importanti player del comparto delle flotte aziendali: Continental, Volkswagen, Macnil, Zucchetti, Program Autonoleggio.
UNA FERITA APERTA
II Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso della 70esima giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, ha definito gli infortuni sul lavoro "una ferita sociale che lacera il nostro Paese" e ha sottolineato come "la tutela della salute di chi lavora costituisce un bene primario su cui si misura la civiltà delle economie avanzate".
Secondo i dati Inail, ben il 40% dei 1.156 incidenti mortali sul lavoro denunciati nel 2019 è legato al 'rischio strada', con conseguenze più gravi della media sia in termini fisici, sia nel numero di giorni d'inabilità al lavoro. C'è un gran bisogno, quindi, di continuare a insistere sulla sicurezza stradale: questa seconda survey vuole raccogliere l'invito del capo dello Stato e investigare, con l'aiuto dei Fleet Manager, la situazione all'interno delle flotte aziendali.
I risultati dell'indagine offrono lo spunto per riflettere profondamente, in un contesto nazionale nel quale il testo unico degli infortuni sul lavoro risale al 1965. I Fleet Manager che hanno risposto all'appello di GRAD- VISORY riflettono il campione medio delle flotte commerciali, il segmento nel quale società di consulenza, riviste specializzate e la stessa associazione si focalizzano maggiormente: il 53,7% dei rispondenti gestisce una flotta di veicoli assegnati con detrazione del fringe benefit, il 18,5% flotte strumentali, il resto (27,8%) miste. Inoltre, il 74% delle flotte investigate dalla ricerca è formato da autovetture passeggeri, il rimanente da veicoli commerciali (14,8%) e da altri veicoli (autocarri, pulmini, ambulanze e così via), in prevalenza acquisite con la formula mula del noleggio a lungo termine (quasi il 76%). Quanto alla dimensione delle flotte esaminate, la maggioranza appartiene alla fascia 50-300 veicoli (54%), mentre le grandi flotte oltre i mille veicoli si confermano minoritarie in Italia, solo il 7,4% (cfr. Grafico 1). Sarebbe interessante, in futuro, dedicare una ricerca su questo tema ai mezzi pesanti e agli autisti di professione.
CI PENSA “SANT’ADAS”
Chi si sta prendendo cura della sicurezza delle flotte aziendali (così come della loro sostenibilità) sono sostanzialmente le case costruttrici, che continuano a immettere sul mercato auto sempre più sicure in grado, con i loro sempre più numerosi dispositivi di sicurezza e assistenza, di correggere errori di guida, segnalare pericoli e malfunzionamenti, perfino rimpiazzare il guidatore in determinate situazioni. E forse è giusto cosi: tra preoccupazioni di business, smartphone sempre attivo, distrazioni e una capacità di guidare in maniera corretta e pulita che si sta via via perdendo, mentre alcuni decenni fa certi errori non sarebbero stati perdonati dalla vettura, né corretti grazie alla tecnologia.
I dispositivi di sicurezza e di assistenza alla guida, collettivamente identificati con la sigla ADAS, rappresentano la grande novità degli anni duemila e si traducono in un carico di tecnologia crescente sui veicoli. Gli obiettivi degli ADAS (e del legislatore che ne prescrive di obbligatori in quantità sempre maggiore) si possono sintetizzare in quattro categorie: protezione dei veicoli, incolumità del driver, salvaguardia delle altre persone (altri guidatori, pedoni, ecc.) e rispetto delle leggi.
Il mondo degli ADAS sembra essere ben noto ai Fleet Manager: il 58% li conosce molto bene (il 10% si dichiara molto esperto), il 40% ne ha almeno una conoscenza basica, mentre solo il 2% dichiara di non saperne quasi nulla. D'altronde, la conoscenza tecnica approfondita di questi apparati potrebbe essere considerata un nice to have per almeno due motivi: spesso per le car list aziendali vengono scelte le versioni 'business’ già allestite con la combinazione ideale di accessori per chi viaggia tanto per lavoro e a un prezzo molto più conveniente; poi perché, in fondo, sugli ADAS non c'è molto da scegliere: vige la re gola che più ce ne sono meglio è, se ci si riferisce alla sicurezza.
Al limite la conoscenza del Fleet Manager nel selezionare la configurazione ideale per i propri driver permette di migliorare il trade-off tra numero e tipo di dispositivi e budget aziendale, nonché di guidare l'informazione e la formazione verso i driver. Lo confermano gli stessi Fleet Manager, che ammettono come gli ADAS servano non solo a evitare incidenti ma anche fermi tecnici del veicolo (56% delle risposte), anche se esiste un 42% di dubbiosi sul ritorno dell'investimento (secondo questi ultimi il costo iniziale supererebbe i benefici attesi), e se quasi metà di questi segnala come nel futuro le cose potrebbero cambiare. Possiamo affermare che la diffusione della conoscenza degli ADAS tra i gestori di flotta ha compiuto il giro di boa, grazie alle principali fonti d'informazione, tra cui i siti specializzati sulla mobilità che sono il principale riferimento informativo (80%) i costruttori d’auto (56%) gli eventi dedicati e le prove su strada (32%). E anche grazie al crescente interesse dei driver, verso i quali il ruolo di informazione e istruzione dei responsabili della flotta diventa sempre più importante.
QUELL’ATTIMO DI DISTRAZIONE
Insomma, grazie a vetture sempre più sicure e in grado di reagire autonomamente agli imprevisti, guidare è diventato più facile. A patto di sapere come utilizzare i dispositivi di sicurezza e di continuare a formare i driver sulle manovre fondamentali di sicurezza. Dopo la storica frase pronunciata da Walter Röhrl, ex pilota di rally, tutti i guidatori dovrebbero conoscere benissimo la differenza tra sovrasterzo e sottosterzo: Quando vedi l'albero che stai per centrare, quello è sottosterzo, quando invece senti il colpo senza vedere l'albero, quello è sovrasterzo".
Ma tra conoscere la differenza e sapere mettere in pratica il comportamento da tenere nei due casi ci passano diversi corsi di guida sicura, che, però, non vengono più organizzati, secondo i risultati della survey. Con la probabile complicità della pandemia, quasi l'80% dei rispondenti rivela che la propria azienda non prevede (o non prevede più) lezioni di guida sicura tenute da professionisti del settore, con l'eccezione dei corsi di guida previsti per legge (autisti professionali, di ambulanze, ecc.) e di un 10% di aziende che dichiara di continuare a organizzare corsi di guida perché i propri driver apprendano i principi di guida sicura, predittiva ed ecologica. Ci si augura che, grazie al successo dei vaccini, anche questi eventi possano riprendere rapidamente, in quanto loro efficacia nel modificare alcuni errori di guida è stata ampiamente dimostrata. Tra i comportamenti sbagliati alla guida l'errore fatale più frequente è la distrazione.
Secondo i dati rilasciati dall'Istat all'inizio di quest'anno, è la principale causa di incidenti stradali, superiore all’abuso di bevande alcoliche e stupefacenti. Spesso durante un tragitto percorso per lavoro, il driver rischia di cadere vittima di tutti e tre i tipi di distrazione che vengono evidenziati in una ricerca del CDC (Centers for Disease Control and Prevention, agenzia federale degli USA con sede ad Atlanta e facente parte del dipartimento della salute e dei servizi umani): distrazione visiva, togliere lo sgaurdo dalla strada ( messaggi al cellulare, utilizzo infotainment e così via); distrazione manuale, togliere le mani al volante (mangiare e bere, usare dispositivi, ricercare oggetti, ecc.); distrazione cognitiva, impegnare la mente in altre cose (pensare agli appuntamenti, parlare con i passeggeri, ecc.).
AZIENDE E PREVENZIONE
L'uso del telefono, in particolare, è causa di frequenti e gravi incidenti. Le aziende che hanno partecipato all'indagine di GR ADVISORY in gran parte vietano l'uso del telefono mentre si guida (24,5%) o lo limitano alle funzioni vocali utilizzando il viva voce (53,1%). Tuttavia, preoccupa il fatto che oltre il 18% dichiari di non avere approvato alcuna regolamentazione o che quella in vigore sia obsoleta.
Una carenza ingiustificabile e a poco vale appellarsi al Codice della Strada: qui si tratta di prevenire gravi incidenti sul lavoro il cui compito spetta all'azienda, non solo alle leggi e ai dipendenti.
Va ancora peggio, sul fronte dell'impegno delle aziende nella sicurezza alla guida, se analizziamo la presenza e la natura dei regolamenti aziendali su questo argomento (cfr. Grafico 2): quante aziende hanno predisposto e pubblicato una policy sulla sicurezza stradale a livello nazionale? Soltanto il 6,1%. Un po' meno del 25% si rifà alla policy internazionale della capogruppo, a volte neppure tradotta dall'inglese o dalla lingua originale (4,1%); oltre la metà ha incluso nella car policy raccomandazioni di sicurezza alla guida generiche (36,7%) o specifiche (16,3%). Il 14,3% dichiara di... non avere nulla!
La situazione è ulteriormente aggravata da altri due segnali per nulla confortanti: quasi tre quarti delle aziende del campione non effettua alcun calcolo puntuale del costo delle infrazioni e degli incidenti (danni materiali, giornate di malattia, fermo veicolo, ecc.) e l'81,3% non ha effettuato, nel corso degli ultimi tre anni, alcuna survey tra gli utilizzatori di mezzi aziendali per ricevere indicazioni su come migliorare la sicurezza alla guida.
50 SFUMATURE DI RESPONSABILITA’
Alla fine, ci pensa l'assicurazione: nella quasi totalità dei casi copre tutto senza che il dipendente subisca addebiti o senza che gli addebiti delle franchigie vengano poi effettivamente recuperati.
Solo nel 10% dei casi le franchigie sono addebitate con varie sfumature (parzialmente, totalmente, a partire dal secondo sinistro nell'anno e cosi via). Sono pochissimi i casi nei quali il driver soffre le conseguenze del suo comportamento. Le imprese, invece, tendono a responsabilizzare i dipendenti sui risultati di business e gli altri aspetti appaiono collaterali. Anche la gestione delle sanzioni per infrazioni al Codice non sembra pienamente soddisfacente.
Se è vero, da un lato, che oltre l'85% dei Fleet Manager intervistati dichiara che le multe vengono interamente addebitate all’assegnatario dall'altro quasi il 15% delle aziende si fa dimostri che la violazione è stata determinata da ragioni di business (8,2%), parzialmente (2%) o solo durante carico delle multe: sempre (2%), qualora il contravventore l'uso personale del veicolo (2%). Non si può non rilevare quanto sia particolarmente grave, che in alcune circostanze, si ammetta che 'ragioni di business' giustificano il non rispetto delle leggi, in particolare considerando le possibili gravi conseguenze. Parafrasando un amico giornalista, la patente di guida, che l'italiano medio considera un regalo per i diciott'anni, è in realtà un'autorizzazione a condurre un mezzo pericoloso e potenzialmente letale.
Anche il coinvolgimento delle funzioni aziendali nelle decisioni riguardanti la sicurezza dei veicoli non sembra soddisfacente.
Che il Fleet Manager, principale conoscitore dei veicoli in azienda (come ci ha rivelato la precedente survey), sia protagonista in questo processo non stupisce. Stupiscono le altre percentuali (cfr. Grafico 3): metà delle direzioni del personale sembra disinteressarsi della faccenda, per non parlare di oltre il 70% degli AD, che possono essere chiamati a rispondere civilmente e penalmente in caso di carenze nella sicurezza.
Ancora peggio: solo il 22,5% dei responsabili della salute e sicurezza sul lavoro viene coinvolto, come se l'auto aziendale non fosse un 'ambiente di lavoro. Insomma, la sicurezza delle flotte aziendali e dei driver, come emerge dalla ricerca, andrebbe totalmente risata.
Sono passati diversi anni e diverse survey sult ma la risposta delle aziende non è cambiata: considerate importante la sicurezza alla guida? Moltissimo!sa state facendo a questo proposito? Sostanzialmente A parte acquisire vetture sempre più sicure (e non potrebbe essere altrimenti, dato che vengono prodotte ve ture sempre migliori), sottoscrivere coperture assicurative complete e'proteggere' il driver dai suoi comportamenti. Inoltre, la black box a bordo continua a rappresentare un tabù assoluto (solo il 4,2% la usa per monitorare stile e condizioni di guida). E più della metà del campione non sente il desiderio di formazione ai driver sulla sicurezza alla guida: il 46% la prenderebbe in considerazione, ma la considera 'non prioritaria'.
Prevale la voglia di posticipare, di rimandare al futuro la guarigione della ferita citata dal Presidente della Repubblica. Un buon motivo perché player di mercato, stampa specializzata e società di consulenza comincino ad affrontare l'argomento con urgenza 'priorit
aria'.Sono quei momenti in cui ‘ti passa la vita davanti’, se sei fortunato. Perché a volte tutto avviene così rapidamente che non fa neppure in tempo. Un'auto o un camion senza controllo ti si avventa contro, oppure senti una botta al retrotreno e scivoli via in testa coda, senza sapere cosa fare, e ti resterà per sempre nelle orecchie quel rumore terrificante delle lamiere che si accartocciano.
La seconda survey del ciclo 'lo Fleet Manager, la penso così, a cura di GR ADVISORY, società leader nelle ricerche sulla mobilità aziendale, vuole rispondere a questo interrogativo: come le aziende preparano i loro assegnatari auto a evitare (se possibile) situazioni come questa o ad affrontarle? Effettuata nel periodo 27 maggio 7 giugno 2021 la survey, composta da ventinove domande, ha raccolto le risposte complete di poco più di 400 Fleet Manager La survey è patrocinata da AIAGA, l'associazione italiana dei gestori di flotte aziendali, e da Man.Tra, l'associazione sulla manutenzione dei trasporti, ed è stata resa possibile grazie al fattivo contributo di importanti player del comparto delle flotte aziendali: Continental, Volkswagen, Macnil, Zucchetti, Program Autonoleggio.
UNA FERITA APERTA
II Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso della 70esima giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, ha definito gli infortuni sul lavoro "una ferita sociale che lacera il nostro Paese" e ha sottolineato come "la tutela della salute di chi lavora costituisce un bene primario su cui si misura la civiltà delle economie avanzate".
Secondo i dati Inail, ben il 40% dei 1.156 incidenti mortali sul lavoro denunciati nel 2019 è legato al 'rischio strada', con conseguenze più gravi della media sia in termini fisici, sia nel numero di giorni d'inabilità al lavoro. C'è un gran bisogno, quindi, di continuare a insistere sulla sicurezza stradale: questa seconda survey vuole raccogliere l'invito del capo dello Stato e investigare, con l'aiuto dei Fleet Manager, la situazione all'interno delle flotte aziendali.
I risultati dell'indagine offrono lo spunto per riflettere profondamente, in un contesto nazionale nel quale il testo unico degli infortuni sul lavoro risale al 1965. I Fleet Manager che hanno risposto all'appello di GRAD- VISORY riflettono il campione medio delle flotte commerciali, il segmento nel quale società di consulenza, riviste specializzate e la stessa associazione si focalizzano maggiormente: il 53,7% dei rispondenti gestisce una flotta di veicoli assegnati con detrazione del fringe benefit, il 18,5% flotte strumentali, il resto (27,8%) miste. Inoltre, il 74% delle flotte investigate dalla ricerca è formato da autovetture passeggeri, il rimanente da veicoli commerciali (14,8%) e da altri veicoli (autocarri, pulmini, ambulanze e così via), in prevalenza acquisite con la formula mula del noleggio a lungo termine (quasi il 76%). Quanto alla dimensione delle flotte esaminate, la maggioranza appartiene alla fascia 50-300 veicoli (54%), mentre le grandi flotte oltre i mille veicoli si confermano minoritarie in Italia, solo il 7,4% (cfr. Grafico 1). Sarebbe interessante, in futuro, dedicare una ricerca su questo tema ai mezzi pesanti e agli autisti di professione.
CI PENSA “SANT’ADAS”
Chi si sta prendendo cura della sicurezza delle flotte aziendali (così come della loro sostenibilità) sono sostanzialmente le case costruttrici, che continuano a immettere sul mercato auto sempre più sicure in grado, con i loro sempre più numerosi dispositivi di sicurezza e assistenza, di correggere errori di guida, segnalare pericoli e malfunzionamenti, perfino rimpiazzare il guidatore in determinate situazioni. E forse è giusto cosi: tra preoccupazioni di business, smartphone sempre attivo, distrazioni e una capacità di guidare in maniera corretta e pulita che si sta via via perdendo, mentre alcuni decenni fa certi errori non sarebbero stati perdonati dalla vettura, né corretti grazie alla tecnologia.
I dispositivi di sicurezza e di assistenza alla guida, collettivamente identificati con la sigla ADAS, rappresentano la grande novità degli anni duemila e si traducono in un carico di tecnologia crescente sui veicoli. Gli obiettivi degli ADAS (e del legislatore che ne prescrive di obbligatori in quantità sempre maggiore) si possono sintetizzare in quattro categorie: protezione dei veicoli, incolumità del driver, salvaguardia delle altre persone (altri guidatori, pedoni, ecc.) e rispetto delle leggi.
Il mondo degli ADAS sembra essere ben noto ai Fleet Manager: il 58% li conosce molto bene (il 10% si dichiara molto esperto), il 40% ne ha almeno una conoscenza basica, mentre solo il 2% dichiara di non saperne quasi nulla. D'altronde, la conoscenza tecnica approfondita di questi apparati potrebbe essere considerata un nice to have per almeno due motivi: spesso per le car list aziendali vengono scelte le versioni 'business’ già allestite con la combinazione ideale di accessori per chi viaggia tanto per lavoro e a un prezzo molto più conveniente; poi perché, in fondo, sugli ADAS non c'è molto da scegliere: vige la re gola che più ce ne sono meglio è, se ci si riferisce alla sicurezza.
Al limite la conoscenza del Fleet Manager nel selezionare la configurazione ideale per i propri driver permette di migliorare il trade-off tra numero e tipo di dispositivi e budget aziendale, nonché di guidare l'informazione e la formazione verso i driver. Lo confermano gli stessi Fleet Manager, che ammettono come gli ADAS servano non solo a evitare incidenti ma anche fermi tecnici del veicolo (56% delle risposte), anche se esiste un 42% di dubbiosi sul ritorno dell'investimento (secondo questi ultimi il costo iniziale supererebbe i benefici attesi), e se quasi metà di questi segnala come nel futuro le cose potrebbero cambiare. Possiamo affermare che la diffusione della conoscenza degli ADAS tra i gestori di flotta ha compiuto il giro di boa, grazie alle principali fonti d'informazione, tra cui i siti specializzati sulla mobilità che sono il principale riferimento informativo (80%) i costruttori d’auto (56%) gli eventi dedicati e le prove su strada (32%). E anche grazie al crescente interesse dei driver, verso i quali il ruolo di informazione e istruzione dei responsabili della flotta diventa sempre più importante.
QUELL’ATTIMO DI DISTRAZIONE
Insomma, grazie a vetture sempre più sicure e in grado di reagire autonomamente agli imprevisti, guidare è diventato più facile. A patto di sapere come utilizzare i dispositivi di sicurezza e di continuare a formare i driver sulle manovre fondamentali di sicurezza. Dopo la storica frase pronunciata da Walter Röhrl, ex pilota di rally, tutti i guidatori dovrebbero conoscere benissimo la differenza tra sovrasterzo e sottosterzo: Quando vedi l'albero che stai per centrare, quello è sottosterzo, quando invece senti il colpo senza vedere l'albero, quello è sovrasterzo".
Ma tra conoscere la differenza e sapere mettere in pratica il comportamento da tenere nei due casi ci passano diversi corsi di guida sicura, che, però, non vengono più organizzati, secondo i risultati della survey. Con la probabile complicità della pandemia, quasi l'80% dei rispondenti rivela che la propria azienda non prevede (o non prevede più) lezioni di guida sicura tenute da professionisti del settore, con l'eccezione dei corsi di guida previsti per legge (autisti professionali, di ambulanze, ecc.) e di un 10% di aziende che dichiara di continuare a organizzare corsi di guida perché i propri driver apprendano i principi di guida sicura, predittiva ed ecologica. Ci si augura che, grazie al successo dei vaccini, anche questi eventi possano riprendere rapidamente, in quanto loro efficacia nel modificare alcuni errori di guida è stata ampiamente dimostrata. Tra i comportamenti sbagliati alla guida l'errore fatale più frequente è la distrazione.
Secondo i dati rilasciati dall'Istat all'inizio di quest'anno, è la principale causa di incidenti stradali, superiore all’abuso di bevande alcoliche e stupefacenti. Spesso durante un tragitto percorso per lavoro, il driver rischia di cadere vittima di tutti e tre i tipi di distrazione che vengono evidenziati in una ricerca del CDC (Centers for Disease Control and Prevention, agenzia federale degli USA con sede ad Atlanta e facente parte del dipartimento della salute e dei servizi umani): distrazione visiva, togliere lo sgaurdo dalla strada ( messaggi al cellulare, utilizzo infotainment e così via); distrazione manuale, togliere le mani al volante (mangiare e bere, usare dispositivi, ricercare oggetti, ecc.); distrazione cognitiva, impegnare la mente in altre cose (pensare agli appuntamenti, parlare con i passeggeri, ecc.).
AZIENDE E PREVENZIONE
L'uso del telefono, in particolare, è causa di frequenti e gravi incidenti. Le aziende che hanno partecipato all'indagine di GR ADVISORY in gran parte vietano l'uso del telefono mentre si guida (24,5%) o lo limitano alle funzioni vocali utilizzando il viva voce (53,1%). Tuttavia, preoccupa il fatto che oltre il 18% dichiari di non avere approvato alcuna regolamentazione o che quella in vigore sia obsoleta.
Una carenza ingiustificabile e a poco vale appellarsi al Codice della Strada: qui si tratta di prevenire gravi incidenti sul lavoro il cui compito spetta all'azienda, non solo alle leggi e ai dipendenti.
Va ancora peggio, sul fronte dell'impegno delle aziende nella sicurezza alla guida, se analizziamo la presenza e la natura dei regolamenti aziendali su questo argomento (cfr. Grafico 2): quante aziende hanno predisposto e pubblicato una policy sulla sicurezza stradale a livello nazionale? Soltanto il 6,1%. Un po' meno del 25% si rifà alla policy internazionale della capogruppo, a volte neppure tradotta dall'inglese o dalla lingua originale (4,1%); oltre la metà ha incluso nella car policy raccomandazioni di sicurezza alla guida generiche (36,7%) o specifiche (16,3%). Il 14,3% dichiara di... non avere nulla!
La situazione è ulteriormente aggravata da altri due segnali per nulla confortanti: quasi tre quarti delle aziende del campione non effettua alcun calcolo puntuale del costo delle infrazioni e degli incidenti (danni materiali, giornate di malattia, fermo veicolo, ecc.) e l'81,3% non ha effettuato, nel corso degli ultimi tre anni, alcuna survey tra gli utilizzatori di mezzi aziendali per ricevere indicazioni su come migliorare la sicurezza alla guida.
50 SFUMATURE DI RESPONSABILITA’
Alla fine, ci pensa l'assicurazione: nella quasi totalità dei casi copre tutto senza che il dipendente subisca addebiti o senza che gli addebiti delle franchigie vengano poi effettivamente recuperati.
Solo nel 10% dei casi le franchigie sono addebitate con varie sfumature (parzialmente, totalmente, a partire dal secondo sinistro nell'anno e cosi via). Sono pochissimi i casi nei quali il driver soffre le conseguenze del suo comportamento. Le imprese, invece, tendono a responsabilizzare i dipendenti sui risultati di business e gli altri aspetti appaiono collaterali. Anche la gestione delle sanzioni per infrazioni al Codice non sembra pienamente soddisfacente.
Se è vero, da un lato, che oltre l'85% dei Fleet Manager intervistati dichiara che le multe vengono interamente addebitate all’assegnatario dall'altro quasi il 15% delle aziende si fa dimostri che la violazione è stata determinata da ragioni di business (8,2%), parzialmente (2%) o solo durante carico delle multe: sempre (2%), qualora il contravventore l'uso personale del veicolo (2%). Non si può non rilevare quanto sia particolarmente grave, che in alcune circostanze, si ammetta che 'ragioni di business' giustificano il non rispetto delle leggi, in particolare considerando le possibili gravi conseguenze. Parafrasando un amico giornalista, la patente di guida, che l'italiano medio considera un regalo per i diciott'anni, è in realtà un'autorizzazione a condurre un mezzo pericoloso e potenzialmente letale.
Anche il coinvolgimento delle funzioni aziendali nelle decisioni riguardanti la sicurezza dei veicoli non sembra soddisfacente.
Che il Fleet Manager, principale conoscitore dei veicoli in azienda (come ci ha rivelato la precedente survey), sia protagonista in questo processo non stupisce. Stupiscono le altre percentuali (cfr. Grafico 3): metà delle direzioni del personale sembra disinteressarsi della faccenda, per non parlare di oltre il 70% degli AD, che possono essere chiamati a rispondere civilmente e penalmente in caso di carenze nella sicurezza.
Ancora peggio: solo il 22,5% dei responsabili della salute e sicurezza sul lavoro viene coinvolto, come se l'auto aziendale non fosse un 'ambiente di lavoro. Insomma, la sicurezza delle flotte aziendali e dei driver, come emerge dalla ricerca, andrebbe totalmente risata.
Sono passati diversi anni e diverse survey sult ma la risposta delle aziende non è cambiata: considerate importante la sicurezza alla guida? Moltissimo!sa state facendo a questo proposito? Sostanzialmente A parte acquisire vetture sempre più sicure (e non potrebbe essere altrimenti, dato che vengono prodotte ve ture sempre migliori), sottoscrivere coperture assicurative complete e'proteggere' il driver dai suoi comportamenti. Inoltre, la black box a bordo continua a rappresentare un tabù assoluto (solo il 4,2% la usa per monitorare stile e condizioni di guida). E più della metà del campione non sente il desiderio di formazione ai driver sulla sicurezza alla guida: il 46% la prenderebbe in considerazione, ma la considera 'non prioritaria'.
Prevale la voglia di posticipare, di rimandare al futuro la guarigione della ferita citata dal Presidente della Repubblica. Un buon motivo perché player di mercato, stampa specializzata e società di consulenza comincino ad affrontare l'argomento con urgenza 'priorit
Fonte: Flotte & Finanza – giugno 2021