Scomparse le risorse per la riduzione delle emissioni di CO2
“Dal PNRR sono scomparse le risorse in grado di garantire un’immediata riduzione delle emissioni di CO2 per una vera sostenibilità, ambientale, sociale ed economica”
Dopo un'attenta lettura del PNRR sorge un atroce (almeno per me) dubbio: la transizione è scomparsa dall'agenda del Governo?
In tempi di grandi trasformazioni come quelli attuali dove intere filiere industriali sono e stanno per essere reinventate in onore, in particolare, della sostenibilità ambientale (e di un riposizionamento strategico dell'Europa in competizione con altri sistemi economici), occorre essere pienamente consapevoli che il processo di cambiamento deve avvenire con gradualità: il rischio è di impattare negativamente su interi settori economici senza peraltro ottenere i risultati sperati in termini ambientali. Entrando nello specifico del trasporto, se da una parte sono previste risorse per la promozione della mobilità dolce, della mobilità elettrica, della digitalizzazione dei processi piuttosto che per la resilienza delle infrastrutture, o ancora per lo sviluppo dell'idrogeno, dall'altra sono scomparse almeno in gran parte le risorse per supportare vettori energetici e le tecnologie di transizione, ossia capaci di garantire un impegno immediato di riduzione delle emissioni di CO2 senza incidere sull'offerta di trasporto indispensabile per la competitività del Paese.
UNA POLITICA DELLA TRANSIZIONE
Occorre agire sin da subito e recuperare una politica per la 'transizione': individuare risorse dedicate specificatamente alla transizione che abbiano carattere pluriennale per consentire una adeguata programmazione a medio termine (10 anni sarebbe un tempo congruo) per le imprese interessate.
Nello specifico dell'autotrasporto il Governo deve costituire un fondo pluriennale per il rinnovo del parco circolante modulato in ragione delle motorizzazioni più ecologiche effettivamente disponibili sul mercato, partendo dal presupposto ineludibile che il parco circolante nel trasporto merci ha una età media di 11 anni e ci vorranno molti anni e grandi investimenti privati per rinnovarlo, che il diesel e l'Lng almeno per il trasporto pesante di lunga percorrenza non hanno e non avranno concrete alternative per almeno due lustri in attesa che l'idrogeno per autotrazione sviluppi una sua rete di produzione, stoccaggio e distribuzione, senza contare la necessità di avere una concreta disponibilità dei mezzi alimentati a idrogeno. E, ancora, si mantenga o si migliorino se necessario quelle misure che, anche se in via indiretta, incentivano l'utilizzo delle motorizzazioni più performanti dal punto di vista ambientale quali la riduzione dei pedaggi autostradali o il riconoscimento degli sgravi sulle accise sui carburanti.
Quindi se si vuole essere credibili (parlo del Governo) e si vuole garantire un'offerta di trasporto certamente plurimodale ma che abbia al suo interno una componente stradale capace di rispondere alle esigenze di decarbonizzazione sin da subito e nel medio termine, serve ribadisco recuperare una politica per la transizione dei trasporti.
Dopo un'attenta lettura del PNRR sorge un atroce (almeno per me) dubbio: la transizione è scomparsa dall'agenda del Governo?
In tempi di grandi trasformazioni come quelli attuali dove intere filiere industriali sono e stanno per essere reinventate in onore, in particolare, della sostenibilità ambientale (e di un riposizionamento strategico dell'Europa in competizione con altri sistemi economici), occorre essere pienamente consapevoli che il processo di cambiamento deve avvenire con gradualità: il rischio è di impattare negativamente su interi settori economici senza peraltro ottenere i risultati sperati in termini ambientali. Entrando nello specifico del trasporto, se da una parte sono previste risorse per la promozione della mobilità dolce, della mobilità elettrica, della digitalizzazione dei processi piuttosto che per la resilienza delle infrastrutture, o ancora per lo sviluppo dell'idrogeno, dall'altra sono scomparse almeno in gran parte le risorse per supportare vettori energetici e le tecnologie di transizione, ossia capaci di garantire un impegno immediato di riduzione delle emissioni di CO2 senza incidere sull'offerta di trasporto indispensabile per la competitività del Paese.
UNA POLITICA DELLA TRANSIZIONE
Occorre agire sin da subito e recuperare una politica per la 'transizione': individuare risorse dedicate specificatamente alla transizione che abbiano carattere pluriennale per consentire una adeguata programmazione a medio termine (10 anni sarebbe un tempo congruo) per le imprese interessate.
Nello specifico dell'autotrasporto il Governo deve costituire un fondo pluriennale per il rinnovo del parco circolante modulato in ragione delle motorizzazioni più ecologiche effettivamente disponibili sul mercato, partendo dal presupposto ineludibile che il parco circolante nel trasporto merci ha una età media di 11 anni e ci vorranno molti anni e grandi investimenti privati per rinnovarlo, che il diesel e l'Lng almeno per il trasporto pesante di lunga percorrenza non hanno e non avranno concrete alternative per almeno due lustri in attesa che l'idrogeno per autotrazione sviluppi una sua rete di produzione, stoccaggio e distribuzione, senza contare la necessità di avere una concreta disponibilità dei mezzi alimentati a idrogeno. E, ancora, si mantenga o si migliorino se necessario quelle misure che, anche se in via indiretta, incentivano l'utilizzo delle motorizzazioni più performanti dal punto di vista ambientale quali la riduzione dei pedaggi autostradali o il riconoscimento degli sgravi sulle accise sui carburanti.
Quindi se si vuole essere credibili (parlo del Governo) e si vuole garantire un'offerta di trasporto certamente plurimodale ma che abbia al suo interno una componente stradale capace di rispondere alle esigenze di decarbonizzazione sin da subito e nel medio termine, serve ribadisco recuperare una politica per la transizione dei trasporti.
Fonte: Vie e Trasporti