Una proroga sui nuovi tachigrafi intelligenti
Meraviglioso il nuovo tachigrafo intelligente. Si chiama “SMT2” e permette – fra le altre funzioni – di registrare automaticamente e, soprattutto, da remoto (ma, attenzione, le sanzioni possono essere comminate solo dopo un’ispezione del veicolo) i passaggi di frontiera, i tempi di guida e di riposo e la posizione al carico/scarico della merce, di collegarsi al sistema di autenticazione fornito da Galileo ed è dotato di un meccanismo anti-manomissione.
Un gioiellino, insomma, fondamentale per contrastare il cabotaggio abusivo e i distacchi legittimi, ma anche per controllare il rispetto dei tempi di guida e di riposo. E tutto questo è scattato dallo scorso 21 agosto, da quando, cioè, per volontà della Commissione europea, i nuovi veicoli per il trasporto di merci e persone superiori alle 3,5 tonnellate di portata, devono essere consegnati agli acquirenti con il nuovo straordinario strumento. Peccato che la crisi del microchip abbia rallentato la produzione dei nuovi tachigrafi e che non ce ne siano abbastanza per rifornire le nuove immatricolazioni: secondo l’IRU, l’organizzazione internazionale degli autotrasportatori, in tutta Europa ne mancherebbero tra i 20 e i 40 mila. In Italia, il mistero dei Trasporti ne stima un fabbisogno tra i 7 e i 9 mila pezzi.
BRUXELLES: LA PROROGA DECIDETEVELA VOI
Dunque – verrebbe da pensare – ci sarà una proroga, almeno fino a fine anno (come chiesto da tutti gli operatori) per evitare ai camionisti che effettuano trasporti internazionali una multa di quasi 3 mila euro (art. 179 del Codice della strada, fino a 2.853 euro per la messa in circolazione di un veicolo sprovvisto di cronotachigrafo oppure dotato di tachigrafo non omologato). Macché. Nonostante da mesi le associazioni degli autotrasportatori, dei costruttori di veicoli commerciali, dei concessionari facciano presente la contraddizione in termini e l’impossibilità di mettere su strada veicoli conformi alle disposizioni, la Direzione generale Move della Commissione Ue se ne lava le mani e ribalta il problema sui Paesi membri, per non toccare il calendario già approvato che prevede altre tre scadenze: il 31 dicembre 2024 per la sostituzione ei vecchi tachigrafi analogici o digitali con i nuovi veicoli già immatricolati; il 19 agosto 2025 per la sostituzione dei tachigrafi di prima generazione, il 2026 per l’adeguamento dei veicoli commerciali tra le 2,4 e le 3,5 tonnellate.
A fine luglio, dopo un mese di febbrili trattative a Bruxelles, la DG Move ha emanato una circolare di compromesso: nessuna proroga generalizzata;
COME LO STATO FESTEGGIA LA SUBVEZIONE
È un esempio virtuoso, ma non basta a frenare l’intermediazione. A tale scopo – lo chiede esplicitamente Donati – serve un intervento dello Stato finalizzato a rimuovere anche una stortura evidente: i grandi trasportatori che fagocitano il mercato non si confrontano con il mittente, così come non lo conosce colui che fornisce i servizi di trasporto, limitandosi ad assecondare chi gli dice dove andare”. Una situazione perversa e che, con ogni probabilità, non soddisfa nemmeno chi domanda trasporti.
In realtà, lo Stato al problema dell’intermediazione ha già prestato attenzione, rendendo possibile normativamente un solo passaggio di subvezione. Soltanto che, ha constatato il professore di diritto dei Trasporti e della Navigazione all’università di Trieste, Massimo Campailla, quella normativa, introdotta nel dicembre 2015, è stata pochissimo applicata perché non contempla sanzioni per chi la viola. Soltanto al’indomani della sua introduzione ci fu, oltre che un leggero sussulto del numero di consorzi e cooperative, un piccolo boom dei contratti di rete.
Ma queste forme aggregative, oltre a essere poco unificanti (in particolare nella forma della rete-contratto), sono state create – ha ricordato il professore – in maniera poco “genuina”, per mitigare, cioè, l’impatto della normativa. Prova ne sia che quando poi ne è stata constata la non punibilità, anche i contratti di rete hanno preso a scemare, malgrado siano trattati alla stregua di un consorzio, visto che, come l’associato a questa struttura, anche “il retista che riceve ordine di trasporto rimane primo vettore al pari di coli che glielo aveva passato”. Molto di più si può fare oggi recuperando la direttiva europea che, nella dimostrazione del requisito di stabilimento, fissa una proporzione tra fatturato e veicoli a disposizione.
Un ragionamento integrato dal presidente Finocchi, puntualizzando che se è vero che il divieto di andare oltre il primo passaggio di vezione non ha sanzioni, è anche vero che il contratto di trasporto sottoscritto a prescindere da tale vincolo è nullo.
E la qualcosa in termini civilistici produce conseguenze rilevanti (come quella, per esempio, di vedersi applicata una rivalsa assicurativa). Magari non in grado frenare il fenomeno. Ma comunque rilevanti.
Ogni stato membro potrà lasciare la libera circolazione sul proprio territorio ai nuovi veicoli anche se con il tachigrafo 4.0. E il ministero dell’Interno italiano si è adeguato, con una circolare (datata 9 agosto 2023) che fissa un regime di tolleranza fino al 30 settembre, ma la data è citata in una nota – quasi che fosse di secondaria importanza – ed è motivata con il fatto che “alla fine di settembre è prevista una nuova riunione del Comitato del trasporto stradale in seno alla DG Move”. Dalla quale evidentemente si sperava scaturisse un’indicazione unitaria.
UN CAOS NORMATIVO
La partita, dunque, è ancora aperta.
Anche perché altri otto Paesi dell’Unione hanno subito sfruttato l’apertura offerta da Bruxelles: Irlanda, Norvegia e Lituania hanno rinviato il termine come l’Italia a fine settembre; di 4/6 mesi l’ha posticipato la Francia; al 31 dicembre 2023 l’hanno spostata Germania e Spagna; addirittura a fine aprile e a fine maggio 2024, la Svezia e l’Austria. Anche Regno Unito e Svizzera che, pur non essendo nell’Unione ne condividono i problemi della circolazione internazionale, hanno introdotto un regime di tolleranza (ma solo per il traffico interno) rispettivamente fino al 21 febbraio e al 31 maggio 2024.
Un caos normativo, insomma, che difficilmente può conciliarsi con un’entità che vorrebbe essere il più possibile unitaria come l’Unione europea. Al quale caos rischia di aggiungersi un nuovo problema: quello dei retrofit da installare sui veicoli immatricolati prima del 21 agosto 2023 se attivi nel trasporto internazionale.
L’IRU prevede che anche in questo caso non sarà possibile rispettare la scadenza del 19 agosto 2025. I dispositivi non saranno disponibili per la retro-installazione prima della fine del 2024 e bisognerà dotarne, secondo l’IRU, tra 1,5 e 2 milioni di veicoli. Difficile, dunque, rispettare anche quella scadenza. E il problema dei retrofit, ha scritto l’IRU nel convocare una riunione interna, “potrebbe diventare ancora più grande di quello attuale”.
Un gioiellino, insomma, fondamentale per contrastare il cabotaggio abusivo e i distacchi legittimi, ma anche per controllare il rispetto dei tempi di guida e di riposo. E tutto questo è scattato dallo scorso 21 agosto, da quando, cioè, per volontà della Commissione europea, i nuovi veicoli per il trasporto di merci e persone superiori alle 3,5 tonnellate di portata, devono essere consegnati agli acquirenti con il nuovo straordinario strumento. Peccato che la crisi del microchip abbia rallentato la produzione dei nuovi tachigrafi e che non ce ne siano abbastanza per rifornire le nuove immatricolazioni: secondo l’IRU, l’organizzazione internazionale degli autotrasportatori, in tutta Europa ne mancherebbero tra i 20 e i 40 mila. In Italia, il mistero dei Trasporti ne stima un fabbisogno tra i 7 e i 9 mila pezzi.
BRUXELLES: LA PROROGA DECIDETEVELA VOI
Dunque – verrebbe da pensare – ci sarà una proroga, almeno fino a fine anno (come chiesto da tutti gli operatori) per evitare ai camionisti che effettuano trasporti internazionali una multa di quasi 3 mila euro (art. 179 del Codice della strada, fino a 2.853 euro per la messa in circolazione di un veicolo sprovvisto di cronotachigrafo oppure dotato di tachigrafo non omologato). Macché. Nonostante da mesi le associazioni degli autotrasportatori, dei costruttori di veicoli commerciali, dei concessionari facciano presente la contraddizione in termini e l’impossibilità di mettere su strada veicoli conformi alle disposizioni, la Direzione generale Move della Commissione Ue se ne lava le mani e ribalta il problema sui Paesi membri, per non toccare il calendario già approvato che prevede altre tre scadenze: il 31 dicembre 2024 per la sostituzione ei vecchi tachigrafi analogici o digitali con i nuovi veicoli già immatricolati; il 19 agosto 2025 per la sostituzione dei tachigrafi di prima generazione, il 2026 per l’adeguamento dei veicoli commerciali tra le 2,4 e le 3,5 tonnellate.
A fine luglio, dopo un mese di febbrili trattative a Bruxelles, la DG Move ha emanato una circolare di compromesso: nessuna proroga generalizzata;
COME LO STATO FESTEGGIA LA SUBVEZIONE
È un esempio virtuoso, ma non basta a frenare l’intermediazione. A tale scopo – lo chiede esplicitamente Donati – serve un intervento dello Stato finalizzato a rimuovere anche una stortura evidente: i grandi trasportatori che fagocitano il mercato non si confrontano con il mittente, così come non lo conosce colui che fornisce i servizi di trasporto, limitandosi ad assecondare chi gli dice dove andare”. Una situazione perversa e che, con ogni probabilità, non soddisfa nemmeno chi domanda trasporti.
In realtà, lo Stato al problema dell’intermediazione ha già prestato attenzione, rendendo possibile normativamente un solo passaggio di subvezione. Soltanto che, ha constatato il professore di diritto dei Trasporti e della Navigazione all’università di Trieste, Massimo Campailla, quella normativa, introdotta nel dicembre 2015, è stata pochissimo applicata perché non contempla sanzioni per chi la viola. Soltanto al’indomani della sua introduzione ci fu, oltre che un leggero sussulto del numero di consorzi e cooperative, un piccolo boom dei contratti di rete.
Ma queste forme aggregative, oltre a essere poco unificanti (in particolare nella forma della rete-contratto), sono state create – ha ricordato il professore – in maniera poco “genuina”, per mitigare, cioè, l’impatto della normativa. Prova ne sia che quando poi ne è stata constata la non punibilità, anche i contratti di rete hanno preso a scemare, malgrado siano trattati alla stregua di un consorzio, visto che, come l’associato a questa struttura, anche “il retista che riceve ordine di trasporto rimane primo vettore al pari di coli che glielo aveva passato”. Molto di più si può fare oggi recuperando la direttiva europea che, nella dimostrazione del requisito di stabilimento, fissa una proporzione tra fatturato e veicoli a disposizione.
Un ragionamento integrato dal presidente Finocchi, puntualizzando che se è vero che il divieto di andare oltre il primo passaggio di vezione non ha sanzioni, è anche vero che il contratto di trasporto sottoscritto a prescindere da tale vincolo è nullo.
E la qualcosa in termini civilistici produce conseguenze rilevanti (come quella, per esempio, di vedersi applicata una rivalsa assicurativa). Magari non in grado frenare il fenomeno. Ma comunque rilevanti.
Ogni stato membro potrà lasciare la libera circolazione sul proprio territorio ai nuovi veicoli anche se con il tachigrafo 4.0. E il ministero dell’Interno italiano si è adeguato, con una circolare (datata 9 agosto 2023) che fissa un regime di tolleranza fino al 30 settembre, ma la data è citata in una nota – quasi che fosse di secondaria importanza – ed è motivata con il fatto che “alla fine di settembre è prevista una nuova riunione del Comitato del trasporto stradale in seno alla DG Move”. Dalla quale evidentemente si sperava scaturisse un’indicazione unitaria.
UN CAOS NORMATIVO
La partita, dunque, è ancora aperta.
Anche perché altri otto Paesi dell’Unione hanno subito sfruttato l’apertura offerta da Bruxelles: Irlanda, Norvegia e Lituania hanno rinviato il termine come l’Italia a fine settembre; di 4/6 mesi l’ha posticipato la Francia; al 31 dicembre 2023 l’hanno spostata Germania e Spagna; addirittura a fine aprile e a fine maggio 2024, la Svezia e l’Austria. Anche Regno Unito e Svizzera che, pur non essendo nell’Unione ne condividono i problemi della circolazione internazionale, hanno introdotto un regime di tolleranza (ma solo per il traffico interno) rispettivamente fino al 21 febbraio e al 31 maggio 2024.
Un caos normativo, insomma, che difficilmente può conciliarsi con un’entità che vorrebbe essere il più possibile unitaria come l’Unione europea. Al quale caos rischia di aggiungersi un nuovo problema: quello dei retrofit da installare sui veicoli immatricolati prima del 21 agosto 2023 se attivi nel trasporto internazionale.
L’IRU prevede che anche in questo caso non sarà possibile rispettare la scadenza del 19 agosto 2025. I dispositivi non saranno disponibili per la retro-installazione prima della fine del 2024 e bisognerà dotarne, secondo l’IRU, tra 1,5 e 2 milioni di veicoli. Difficile, dunque, rispettare anche quella scadenza. E il problema dei retrofit, ha scritto l’IRU nel convocare una riunione interna, “potrebbe diventare ancora più grande di quello attuale”.
Fonte: Uomini e Trasporti